Sono solo parole

Mi ha colpito una frase di Gian Enrico Rusconi, su La Stampa di ieri, cito testualmente «Ciò che importa è il rumore mediatico che copre ogni altra voce e può contare sulla spossatezza degli studiosi seri. La serietà è diventata noiosissima in questo Paese: è intollerabile e incompatibile con il talk show permanente».
Il rumore mediatico come il rumore delle parole. Le tante parole che sentiamo; e quando sono in quantità diventano proprio un rumore di fondo, senza significato.
Le parole sono importanti. En archè en o logos, che significa «In principio era la parola». L’eternità della parola. La parola, il pensiero, è quello che ci contraddistingue dagli altri esseri viventi. La parola è il mezzo per scambiare tutto. E come ogni mezzo può essere usato bene o male.
Chi lavora sulla «parola», sul «linguaggio», sa bene quanto sia importante e sottile questo mezzo. Ci vuole talento per usare le parole. Per metterle insieme, per dare il ritmo giusto, la sequenza corretta e farne un oggetto armonico.
Ed il rumore, di cui parla Rusconi, potrebbe essere proprio in questa mancanza ritmo: assenza di grazia e l’inizio della volgarità.
Il rumore è ridondanza. Ridondanza di parole, aggettivi e avverbi, ad esempio

.
Come il noto «serenamente pacatamente», che in bocca a Mary Poppins poteva essere tollerabile, ma detto da un capo di un partito, lascia dei dubbi.
Le parole hanno un peso specifico, una densità tutta particolare.
L’italiano si presta molto bene a costruire discorsi con un peso specifico impalpabile. Un esempio perfetto è quello che ho visto molte volte nelle presentazioni [quelle fatte con il famigerato power-point] in italo-inglese. Le frasi italiane sembravano avere un senso, ma solo apparente, perché tradotte in inglese [un inglese per modo di dire] svelavano la loro più totale inconsistenza.

«Il problema – dice Giuseppe Pontiggia – non è di comunicare una opinione ma di averla. Non di dire ciò che si pensa, ma di pensare.»
Solo dopo viene la parola: armonica, corretta, emozionante e densa.

Sto proprio diventando sensibile ai dialoghi di film, anche importanti, ma tradotti male, senza congiuntivi, ai testi riempitivi, alle furberie linguistiche.
Anche nel web si trovano tanti di questi fulgidi esempi. Ma provate a leggere qualcosa sul SEO Copywriting [SEO sono quelle attività utili per l’indicizzazione dei siti] Etico [ossia non quello dei trucchi, della «ridondanza»] e scoprirete che un buon contenuto in un sito web è quello che non imbroglia.

La differenza tra la pubblicità etica e non etica?
Per convincere quella non etica usa menzogne, mentre quella etica usa la verità.
V. Stefansson

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