Web 2.0 per la gestione dei rischi

Foto di Aaron Burden su Unsplash | Edited by E. Rapisardi

Il web è diventato uno strumento di comunicazione molto potente. Perché permette a qualsiasi persona di comunicare i propri pensieri, la propria conoscenza, i propri dati, permette di fare operazioni complesse e accedere a servizi in modo veloce. Insomma il web oggi è non solo un canale di comunicazione, ma il canale per comunicare.

La centralità delle persone nel contribuire alla formazione della conoscenza collettiva è la base della notissima WIKIPEDIA: l’enciclopedia web per antonomasia. Wikipedia esiste perché gli utenti liberamente e gratuitamente pubblicano il loro sapere e lo rendono accessibile a tutti.

Qualcuno dirà “Ma queste informazioni non sono attendibili. Su internet ci sono un sacco di cavolate.”.

E’ vero, perché ci sono tante persone poco informate e superficiali, e il web non è altro che lo specchio della nostra società. Ma Wikipedia ha l’aspirazione, forse utopica, di fondarsi e richiedere correttezza e adesione ad un’etica della condivisione delle informazioni che comunque vengono controllate da una redazione.

La conoscenza condivisa è un tema che da poco tempo è discusso tra chi si occupa della gestione dei rischi e delle emergenze. Esempi nazionali sono pochi, perché ancora non è chiaro cosa significhi il web 2.0, come possano essere utilizzati i social media e le piattaforme di condivisione dei contenuti. Molto spesso, qui nel nostro paese, usare i social media si traduce nell’aprire una pagina o un gruppo su facebook. Ma non è così. A mio Parere non è assolutamente così.

Alcuni esempi di chi sta ragionando su questi temi.

Il professor Tucci – presidente dell’Associazione Italiana Esperti Infrastutture
Critiche-AIIC, ordinario di sistemi per l’elaborazione dell’informazione alla Facoltà di Ingegneria
dell’Università di Roma Tor Vergata -, che in un recente intervento afferma: “È necessario un forte salto di qualità: va migliorata la prevenzione e la gestione dei fenomeni estremi che negli
ultimi anni si sono acuiti. Serve un forte impegno nell’uso di paradigmi gestionali rigorosi e di strumenti e metodi dell’informatica e delle telecomunicazioni. Lo sviluppo delle reti sociali, del WEB 2.0, la diffusione delle reti wireless sia terrestri che satellitari possono, in uno sforzo di cooperazione, aiutare a rendere più tempestivi e mirati interventi di prevenzione e di soccorso.”

O più modestamente, l’autrice di questo articolo e ideatrice del progetto, che ha illustrato alcune esperienze italiane al web 2.0 expo di New York nello scorso novembre sostenendo la necessità di Building Civil Protection 2.0.

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