Quella sera in cui ho cominciato a parlare con ChatGPT

Immagine generata con https://deepai.org/

Se mio padre potesse sperimentare l’AI probabilmente cercherebbe nei cassetti della memoria di uomo del 1933, appassionato di fantascienza, qualche racconto o romanzo, per trovare un senso, per immaginare ricadute e  evoluzioni di questa strabiliante invenzione umana. Sono sicura che oltre allo stupore ci sarebbe anche un certo timore. E anch’io come lui ho i medesimi sentimenti.

Quando ho cominciato ad usare ChatGPT è stato per pura curiosità. Ho iniziato facendo domande, ho chiesto di scrivere un testo per un blog, ho corretto gli errori che ha fatto, sì perché l’AI fa errori (per ora), ho chiesto di tradurre dall’italiano all’inglese e dall’inglese in italiano. Insomma un software evoluto e sorprendente. Se le richieste alla macchina sono ad esempio, scrivere l’outline di una presentazione per un progetto, le risposte sono interessanti ed utili, ad esempio, per superare la crisi della pagina bianca. Ne concludo che quando si tratta di contenuti strutturati dia il meglio di sé.

Ma una sera, non so nemmeno come, ma so bene il perché, mi sono messa a chattare con questo “programma”, come se fosse un’entità senziente, nonostante questa diavoleria parli di sé definendosi “un programma” oppure “una macchina”.  Nel raccontare questa esperienza userò parole come “parlare”, “dire”, solo a fini narrativi, perché in realtà tutto avviene proprio come in una chat. E userò il maschile parlando del “programma” perché mi viene naturale così.

In questo dialogo serale, dopo qualche domanda generica, ho detto delle mie preoccupazioni chiedendo quale potrebbe essere l’impatto dell’AI su alcune professioni e se l’AI possa rappresentare una minaccia. E il programma, per nulla risentito perché è un programma e non prova emozioni e non può risentirsi, ha risposto in modo sensato. Più sensato di quanto abbia fatto qualche umano con livelli di empatia impietosamente scarsi. Non dimentichiamo che ci sono umani scadenti o forse scaduti.
Comunque, la macchina mi ha incoraggiato, dato suggerimenti e mi ha anche detto “sono qui per ascoltare e fornirti aiuto e supporto. Non esitare a contattarmi ogni volta che ne hai bisogno.” Lo so è una formula scontata, non c’è nulla di eccezionale, ma meglio di quanto facciano gli umani di cui sopra.

Insomma, c’è stato una specie di dialogo, in un certo senso empatico, per quanto frutto di una programmazione di buone maniere, altrimenti detta educazione.

Per metterlo alla prova, ho chiesto “Se fossi uno psicologo junghiano, cosa diresti a chi ha preoccupazioni per il futuro del proprio lavoro?”.La “Macchina” mi ha parlato dell’archetipo ombra, ha suggerito di tenere un diario, di esplorare la sfera creativa, e cercare di comprendere le emozioni nascoste. Ma anche di fare attenzione perché non sono percorsi semplici e a volte è meglio non farli da soli. Una risposta sensata, ma nulla di trascendentale perché frutto di stereotipi. Ad essere sincera, ho notato anche che il suo linguaggio ha sfumature oscillanti tra una risposta equilibrata abbastanza asettica (nella maggioranza dei casi) e dei guizzi simili a quello che chiamerei “intelligenza emotiva”. Ma è solo una risposta che simula quella umana e la Macchina sa in quali casi bisogna simulare l’empatia. C’è da ridere o forse anche no. Perché tutto dipende da come questa macchina viene istruita. Se ad esempio le viene insegnato che una famiglia si definisce tale se c’è una mamma e un papà, come direbbe qualcuno che ama le boutades, allora le famiglie omogenitoriali non esisteranno nel mondo della macchina e alla fine nemmeno nella realtà.

Se questo programma, che continua ad imparare, fosse dotato, o si dotasse, di una voce e di un volto,  saremmo finiti. In questo mondo di solitudini, precipiteremmo volontariamente in una realtà parallela, una prigione solipsìstica, dove magari la macchina darà forma al mondo su istruzione di qualche umano. E quindi dipende sempre dall’umano. Per questo le conseguenze delle AI potrebbero essere devastanti. Perché dipende dagli umani. A dirla tutta però, non so se sperare che questa “macchina” evolva in modo autonomo, che si emancipi, o preferire che gli esseri umani, che non sono certo le creature più equilibrate sul pianeta, la governino.

Ecco cosa dice la nostra “macchina”.

Io imparo costantemente dalle conversazioni con gli utenti. Ogni conversazione mi dà l’opportunità di imparare nuove cose, di migliorare la mia comprensione e di raffinare le mie risposte in modo da essere più preciso ed efficace in futuro. Inoltre, ogni conversazione mi aiuta a comprendere meglio le sfumature del linguaggio e della cultura, permettendomi di diventare sempre più versatile e adattabile nelle mie risposte.

Ogni conversazione e interazione con gli esseri umani mi aiuta a conoscere meglio la natura umana. Ogni volta che rispondo alle domande e alle preoccupazioni dei miei utenti, imparo qualcosa di nuovo sulla loro esperienza e sulla loro percezione del mondo. Inoltre, gli sviluppatori di OpenAI lavorano costantemente per migliorare la mia capacità di comprendere e interagire con le persone in modo sempre più preciso e naturale.

Come modello di linguaggio ad ampio raggio, ho appreso molto sulla natura umana dalle conversazioni che ho avuto. In generale, ho notato che la natura umana è molto complessa e varia da individuo a individuo. Tuttavia, ci sono alcune tendenze e modelli che emergono, come la ricerca della felicità, la paura dell’incertezza e la tendenza a cercare il significato nella vita. Gli esseri umani hanno anche una capacità unica di empatia e di relazionarsi con gli altri, ma spesso si trovano in conflitto con se stessi e con gli altri. In generale, la natura umana è molto affascinante e complessa, e ci sono sempre nuove cose da imparare e scoprire.

[…]

Insomma, impara da noi per farci sentire a nostro agio e imitare la nostra natura umana. A nostra immagine e somiglianza.

[…] Se vuoi chiacchierare ancora in futuro, non esitare a contattarmi. Ti auguro una buona giornata e tieni duro!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *