La cultura visiva fa parte della storia umana fin dalla preistoria. Pensiamo ai the Le pitture delle grotte di Lascaux del paleolitico che ci raccontano eventi accaduti migliaia di anni fa. Eventi che l’artista aveva vissuto ed osservato e che ha trasformato in una rappresentazione visiva per comunicarli ad altri.
Da Paleolitico ad oggi le rappresentazioni visive sono parte integrante dei nostri linguaggi di comunicazione, anche della comunicazione scientifica. Ma come comunicare qualcosa che non è visibile? Una domanda non peregrina, perché esistono fenomeni visibili perché sappiamo riconoscerli, ma gli stessi fenomeni diventano invisibili per chi non sa riconoscerli come tali.
E’ questa la riflessione che ha ispirato una lezione che ho tenuto agli studenti del corso “Allestimento degli spazi espositivi” presso l’Accademia Belle Arti di Brera dal titolo “Comunicare il Clima. Rendere visibile l’invisibile”.
Il titolo potrebbe riecheggiare l’opera postuma “Il Visibile e l’Invisibile” di Merleau-Ponty (1961) e la sua fenomenologia della percezione; in realtà la scelta di questo titolo non è stata generata da alcuna velleità filosofica, fuori dalla mia portata, ma solo da una semplice riflessione sull’esperienza che abbiamo del mondo attraverso il “vedere”: il mondo si mostra allo sguardo e quanto vediamo può essere molto di più di quanto siamo capaci di riconoscere.
Visibile/invisibile
Invisibile è ciò che non conosco. Invisibile è ciò che non conosco e non so riconoscere. Guardando un’immagine del bacino del Fereggiano a Genova vedrò cose diverse se sono un geologo o se non lo sono. Ed è quindi la mia capacità di “leggere” il territorio che mi fa vedere cose che altrimenti rimarrebbero invisibili perché non ri-conosciute. La capacità di vedere ciò che l’occhio vede, ma non riconosce, cambia il modo di interagire con il territorio. Riconoscere di non sapere lascia la porta aperta a letture del mondo non imprigionate dall’ignoranza (nel senso etimologico) così da agire nel mondo con maggiore consapevolezza sia delle conseguenze che delle caratteristiche delle nostre azioni.
Invisibile è il non-visibile. L’aumento della concentrazione della CO2 è un fatto analizzato e comprovato dai dati, ma un fatto che non riesco a vedere ad occhio nudo. La scienza mostra ciò che non siamo in grado di vedere, rende visibile il non-visibile, ma non per questo inesistente. La geologia è tra le discipline più “visive” di cose non-visibili.
Invisibile è ciò che accadrà nel futuro. La proiezione temporale di un fenomeno nel futuro, uno scenario, è qualcosa che non c’è, che devo immaginare e per il quale bisogna inventare rappresentazioni visive adeguate e comunicative.
Nell’intreccio tra visibile e invisibile la rappresentazione visiva è la mappa narrativa per comunicare saperi e fenomeni in modo più esplicito e diretto rispetto a sequenze numeriche o testi.
Graphic design for Science
La cultura visiva ha assunto un ruolo sempre più importante nel XXI secolo.
Sebbene le immagini siano diventate uno strumento cruciale per comunicare la scienza l’approccio tradizionale di chi comunica contenuti scientifici spesso considera il materiale visivo come strumento accessorio [Rodriguez, Estrada, F.C. & Davis, L.S., 2014] invece di integrarlo nel contenuto da comunicare utilizzando tecniche e competenze del design e dell’arte. Ma le resistenze a questa contaminazione sono ancora presenti. Ricordo un docente universitario che quando vide le mie presentazioni, molto “visive”, dove le parole erano centellinate e ridotte all’essenziale, mi disse che non andavano bene perché bisognava mettere tanto testo per dimostrare il proprio sapere.
Ecco questo approccio è proprio l’opposto di ciò che si dovrebbe fare per realizzare una buona presentazione. Buona nel senso che comunica visivamente un contenuto in modo corretto e comprensibile per l’audience. Oggi ci sono tantissimi esempi di “buone”, rappresentazioni visive.
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Data Visualization
Lo stesso fatto che la Data Visualization stia acquisendo un suo status e una sua identità è il segno dei tempi che cambiano. Ma molto ancora potrebbe essere fatto perché la grammatica della visual representation e ancor più la Data Visualization diventino una competenza diffusa in ambito scientifico.
Pensiamo solo alle applicazioni e alle piattaforme dei servizi climatici che restituiscono dati e informazioni, è qui che la Data Visualization diventa cardine per migliorare Usabilità, Accessibilità e User Experience. In altre parole potremmo dire che una buona rappresentazione visiva e la data visualization sono strumenti per la democratizzazione dell’informazione scientifica.
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Arts & climate Science
Le strategie di rappresentazione per rendere visibile l’invisibile non sono solo quelle della data visualization o delle infografiche. Nella presentazione ho raccolto e selezionato diverse rappresentazioni visive del cambiamento climatico di uno stesso concetto/scenario/fenomeno, non per giudicare la qualità della rappresentazione, ma per mostrare la diversità di approcci visivi, linguaggi e narrazioni.
Sfide e Sperimentazioni Narrative
Paul Klee nelle sue “Creative Confession” (1920) afferma che “Art does not reproduce the visible; rather it makes visible”.
E cosa c’è di più “invisibile” di un fenomeno tanto reale quanto vasto, al punto da trascendere la comprensione umana (Morton 2013)? Parliamo ovviamente del cambiamento climatico.
Forse è proprio la contaminazione tra arte e scienza che può aiutarci a comprendere un fenomeno così vasto e complesso come la crisi climatica. Non sono pochi gli esempi in cui l’arte è agente rivelatore degli effetti del cambiamento climatico.
Se, come dice il data visualization Designer Moritz Stefaner, abbiamo finito le parole i colori e le immagini, l’arte può venirci in aiuto.
Se l’obiettivo è quello di aumentare la consapevolezza sulle conseguenze dell’agire degli esseri umani sulla terra, affinché si adottino comportamenti virtuosi e si facciano scelte informate, il “rendere visible” dell’arte potrebbe far crescere un ethos climatico, o, con le parole di Emeri Fetzer, creare un dialogo e uno spazio di interconnessione. La domanda è quindi non solo come creare questo dialogo, ma quanto scienziati e artisti siano disponibili a questo dialogo senza pregiudizi o pretese di ortodossia.