Il lago di Santa Luce non c’è più. Cosa è successo? Come mai?
Dagli articoli apparsi su il Tirreno non sono riuscita a farmi un’idea chiara, a parte il fatto di sorprendermi nello scoprire che ci sia un cospicuo numero di enti, organizzazioni e partiti molto sensibili alla questione ambientale, più di quanto immaginassi.
Affermazione ovviamente provocatoria che nasconde una certa ironia.
Oggi tutti hanno qualcosa da dire, tutti sanno con certezza quali siano le colpe e di chi. Incredibile: abbiamo il reato e abbiamo già i colpevoli, pronti per il processo.
Mi scuso per i toni, ma è l’amarezza a farmi scrivere. Amarezza che ha il sapore acre della contrapposizione politica e degli interessi partigiani che non avrei voluto vedere, come ricercatrice e come cittadina del comune di Santa Luce. E come persona scrivo perché vorrei condividere dubbi e perplessità.
Innanzitutto sono amareggiata nel vedere che ogni qual volta accade un disastro la prima reazione sia quella di trovare di chi sia la colpa e che ogni accusatore si metta nella posizione del giudice o di chi ha la soluzione in tasca.
Mi sarebbe piaciuto invece che ognuno pensasse prima alle proprie responsabilità, per poi cercare di capire le altre e diverse responsabilità di enti, istituzioni, cittadini, associazioni e media. Perché credo che ogni attore coinvolto in questa vicenda abbia una sua responsabilità anche limitata e parziale. Per deformazione caratteriale, la mia prima domanda è stata: forse anch’io ho le mie responsabilità, anch’io avrei potuto fare qualcosa di più di quanto abbia tentato di fare. Mentre le polemiche che ho letto e ascoltato mi sembra che siano cadute nella trappola della banale strumentalizzazione politica e nella sterile contrapposizione.
E ancora.
Chi oggi si scaglia contro l’uno o l’altro, conosce quale sia il quadro normativo all’interno del quale è inserita la convenzione che regolamenta la Riserva del lago di Santa Luce? Sa con certezza che cosa sia avvenuto, al di là di quanto pubblicato o scritto sui giornali o sul web, o al di là delle chiacchiere fatte al bar?
Ho anche un’altra domanda, forse più grave.
Dov’erano tutti quelli che gridano allo scandalo, all’incompetenza e al disastro, cinque mesi fa quando in pochi, compresa la responsabile dell’Oasi, cercavamo, forse con poca determinazione, di portare l’attenzione sul problema della siccità, emergenza regionale dal 2 aprile 2012?
Dov’erano, dove eravamo, a luglio quando era ormai evidente che la mancanza di precipitazioni necessitava una revisione immediata delle politiche di gestione delle risorse idriche e interventi su misura per cercare di ridurre l’impatto della siccità?
Questo significa essere resiliente, questo significa che tutti gli attori avrebbero dovuto collaborare. Collaborare: una parola immensa.
A mio parere è mancata proprio la collaborazione tra gli attori, certo portatori di interessi diversi, ma che dovrebbero avere un fine comune: il benessere dell’uomo e dell’ambiente.
Il cambiamento climatico è una realtà, anche se qualcuno sorride e pensa che siano solo favole. Il cambiamento climatico e il consumo del pianeta ci obbligano a non pensare più in termini di soccorso urgente, ma di previsione e prevenzione, prevenzione vera resiliente, ossia in grado di assorbire l’impatto dei rischi naturali e antropici.
Siamo fragili, esposti. Ma credo che abbiamo, come collettività, le capacità e gli strumenti per vivere il pianeta con rispetto e non per spolparlo. Pensiamo solo a quanti fanno ricerca e che hanno competenze pronte per essere messe al servizio della collettività.
Ora la vicenda del lago di Santa Luce dovrebbe essere guardata con degli altri occhi, più umili, per imparare da ciò che è successo, imparare dai nostri sbagli, perché non si ripeta più e perché questa vicenda ci insegni quanto sia importante osservare ciò che sta intorno a noi e reagire con intelligenza e collaborazione per prevenire e non solo per soccorrere.