Una storia: alluvione 25/10/2011

Alle 15:00 circa del 25 ottobre ero sul treno Livorno-Torino ferma alla stazione di Corniglia. Pioveva e il cielo torbido era una lastra grigia in caduta sul mare ancora più torbido e scuro. La mia amica Barbara Barsanti, che di meteo se ne intende visto che è il suo campo di studi e ha un’esperienza come DIMA [Disaster Manager] da lungo tempo, mi aveva detto che da giorni le previsioni meteo non davano orizzonti rassicuranti.  Eravamo in contatto via google talk e quando il treno si fermò scattai una foto appena fuori della galleria e mandai un tweet.

Quel viaggio era per me un viaggio strano. Andavo a Torino a sostenere la prova orale per una borsa di dottorato in geologia. Strano davvero: alla mia età e con una laurea in sociologia della letteratura. Ma la vita, come diceva il mio vecchio amico Aldo Fittante, è più strana della merda. E quel viaggio era strano. Perché c’era un paradosso: il progetto di ricerca con il quale concorrevo era proprio sulla gestione collaborativa dei dati geologici per la prevenzione dei rischi. Ed in quel momento mi trovavo proprio in una di quelle situazioni in cui sapere e conoscere poteva essere importante.

Ma non si sapeva nulla. “Pare una frana” disse un poliziotto e così inviai un tweet con questo vago “pare una frana”, il massimo della non attendibilità. Ci riportarono alla stazione di La Spezia e ancora non sapevamo nulla di quello che stava succedendo. Scesi dal treno insieme agli altri passeggeri. Eravamo tanti e tutti andammo all’ufficio informazioni dove in fila uno ad uno si chiedeva come raggiungere una città o un’altra. Code, arrabbiature. Ed io ero arrabbiata quanto gli altri, soprattutto perché nessuno si prendeva la responsabilità di annunciare con gli altoparlanti che cosa stesse accadendo. Confesso che ero furente e più volte cercai di convincere a fare un annuncio. Ma l’unica cosa che riuscii a sapere che per andare a Torino suggerivano di prendere la linea via parma…. via Parma…. via Aulla… Intanto pioveva e intanto giravano voci di altre frane, proprio ad Aulla. Intanto ci dicevano di prendere il treno per Parma.

Per un puro caso in tanti evitammo quel treno e ritornammo a Livorno per poi andare a Firenze…. dove l’Eurostar per Milano ci partì proprio sotto il naso e così arrivai a Torino alle 2:30 del mattino dopo 15 ore di viaggio. Ma io ero fortunata. Pensavo a chi in quella alluvione ha perso amici, parenti, la casa, una storia di una vita…. Il resto della storia lo conosciamo bene e lo abbiamo visto nei video girati con i telefonini, con le foto pubblicate su Facebook e su Twitter. Cittadini colpiti e cittadini testimoni, che documentavano. Il resto della storia è noto a tutti.

L’esame andò bene. Ventiquattrore dopo il disastro era sotto gli occhi di tutti. Volevo fare qualcosa e così ne parlai con Marco Giardino, del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Torino e da lì venne l’idea di realizzare una crowdmap per raccogliere testimonianze visive dai cittadini a fini di studio e di analisi. Per avere più possibilità di far conoscere questa mappa chiesi a Pier Vittorio Buffa, del Gruppo Editoriale L’Espresso se poteva essere interessante per loro, visto che avevano utilizzato la crowdmap di Ushahidi in alcune edizioni locali di repubblica.it. Furono tempestivi e bravissimi: con Marco Giardino decidemmo le categorie di classificazione delle segnalazioni e la mappa in poche ore fu messa online.

Poi c’era da andare sul posto per provare a testare alcuni strumenti con l’obiettivo di condividere in tempo reale foto e informazioni. Così, con Barbara, che conosce bene l’area e le problematiche sia di protezione civile che del web, organizzammo una spedizione in Lunigiana. Si unì a noi Nadia Lenzini, ex sindaco di Santa Luce e volontaria della Croce Rossa. Alle 9:00 della domenica eravamo al COM di Aulla, come gruppo di ricerca dell’Università.

Smartphone e Tablet… gps attivato e abbiamo scattato foto georeferenziate, le abbiamo condivise con i vigili del fuoco del COM e con Marco Giardino, le abbiamo inviate via twitter alla crowdmap… facevamo i cittadini sensori, cittadini esperti, cittadini partecipanti. Siamo arrivate fino a Mulazzo, dove c’era l’amico Antonio Campus, abbiamo documentato il percorso che ha fatto l’acqua in mezzo al paese,  spaccando strade e case, abbiamo visto la piazza crollata, i volontari al lavoro insieme ai cittadini.

Qualcuno potrà pensare che partecipare ad un’emergenza per testare delle soluzioni abbia un che di cinico. Ma la realtà è che per poter trasformare una pratica sperimentale in una prassi condivisa bisogna provarlo sul campo. Io vorrei solo fare teoria dell’emergenza, ma la realtà è diversa. Le emergenze ci sono davvero e quindi per capire come migliorare lo scambio di informazioni anche a fini di studio bisogna essere lì, stare nel fango, senza pala e badile, ma con un cellulare e una macchina fotografica. Non spaleremo il fango, non eviteremo altre alluvioni, ma cercheremo di avere maggiori elementi per analizzare come possono essere dannosi gli interventi dell’uomo e per cercare di capire come poter prevenire attraverso un monitoraggio sul campo e una coscienza che non apra gli occhi solo quando viene svegliata di colpo da una colata di fango.

In questo articolo, scritto da Luisa Pronzato del Corriere della Sera (che ringrazio tantissimo), qualcosa di più su questa esperienza.

 

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